Gamera, il Mostro Gigante

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Gamera, il Mostro Gigante

Messaggioda GNN » 15 ottobre 2010, 5:18

Ecco la scottante verità! All’epoca della sua prima apparizione, il tartarugone gigante era cattivo! Prima di diventare l’amico di tutti i bambini e di salvare la Terra da orde di mostri alati e insetti elettrici, il suo unico pensiero era seminare terrore e distruzione. Certo, alla base di tutto c’è la solita esplosione nucleare, senza la quale se ne sarebbe rimasto buono buono a dormire…
Gamera, il Mostro Gigante (Daikaiju Gamera), si apre tra i ghiacci del Polo Nord, dove il dottor Hidaka, a bordo della nave Chidoru Maru, sta conducendo delle ricerche scientifiche sulle tracce di antiche leggende eschimesi, una delle quali parla di enormi tartarughe che abitavano il continente di Atlantide. L’improvvisa apparizione di una squadriglia di aerei sconosciuti armati con delle bombe atomiche sconvolge gli eventi, che prendono una piega ancora peggiore quando uno dei velivoli precipita.
Ma ora spazio ad una corposa dose di curiosita a cura di Godzilla-Italia, troppo succulente per non riportarle.
La casa di produzione DAIEI, in difficoltà economiche, provò a risollevare le proprie sorti sfruttando il successo della saga di Gojira della TOHO. L’idea originaria prevedeva l’invasione di Tokyo da parte di topi giganti e centinaia di topi veri vennero procurati da un’azienda specializzata. Gli animali però erano infestati da zecche, che in breve invasero il set costringendo la troupe alla fuga.
Nacque allora l’idea della grande tartaruga volante. Al prefisso “kame” (“tartaruga”, appunto), si aggiunse il suffisso “ra”, ormai un segno distintivo del nome dei kaiju. “Kamera” però non risultava di grande impatto e così si adottò l’iniziale del nome del dinosauro radioattivo della concorrenza, arrivando al definitivo “Gamera”, il cui verso è il barrito di un elefante riprodotto al contrario, rallentato e riverberato.
L’uso del bianco e nero, quando la TOHO aveva già realizzato diversi kaiju eiga a colori, non fu una scelta stilistica ma derivò dalla necessità di tenere basso il budget. Questo fu però uno dei fattori del successo del film: l’assenza di colore, nascondendo alcuni difetti di realizzazione e rendendo più “morbida” la gomma della tuta del mostro, esaltava la verosimiglianza e la cupezza delle scene di distruzione.
Come già successo per il primo Godzilla, anche questo film ebbe una versione americana, “Gammera the Invincible” (sì, due “m”) ed anch’essa fu pesantemente modificata con l’aggiunta di nuove scene e di dialoghi inglesi che da sempre sono considerati fra i più ridicoli mai scritti.
Anche nella edizione originale che vi presentiamo, tra l’altro, alcuni personaggi parlano in inglese, con risultati tutt’altro che memorabili. Uno su tutti, il comandante della base aerea americana che, facendo finta di leggere i dispacci, legge invece chiaramente le sue battute. Vedere per credere!

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