Blade Master
[Irem, 1991]



Legenda giudizi:
S = eccelso
A = ottimo
B = buono
C = discreto
D = sufficiente
E = scarso
F = pessimo
ING = ingiudicabile

Intro
Irem non è certo una software house rimasta famosa per i picchiaduro a scorrimento. Pur avendo creato quello che è considerato a tutti gli effetti il primo esponente del genere, cioè il leggendario Kung Fu Master, preferì specializzarsi in altri settori, sparatutto in primis, e rinunciare completamente a un genere che dopo l’esplosione del fenomeno Double Dragon catalizzava l’attenzione degli utenti come nessun altro. Unica eccezione fu il mediocre Vigilante, uscito nel 1988.
Tutto questo cambiò nel 1991, anno in cui Irem si decise finalmente a produrre un side scrolling beat’em up di stampo moderno, probabilmente sulla scia di un successo che, dopo Final Fight, non si poteva più ignorare.


Game design

Appena premuto il tasto start, il gioco presenta la schermata di selezione dei personaggi in cui si può scegliere tra Roy, veloce guerriero armato con due spade, o Arnold, possente gladiatore che brandisce una lancia. Successivamente, dopo una breve sequenza in cui vediamo la principessa di turno rapita dai nemici, inizia il gioco vero e proprio.
Il sistema di controllo è molto semplice: movimento nelle quattro direzioni e due tasti, uno per l’attacco e l’altro per saltare. Si deduce fin dai primi minuti come il gameplay sia primordiale se paragonato ai picchiaduro che Capcom proponeva ormai da in paio d’anni: il tasto attacco fornisce esclusivamente un colpo singolo, non una combo, mentre saltando e premendolo in volo si effettua un colpo volante. Il gioco quindi si risolve in una rissa a base di mutton mashing, e poca varietà aggiungono le sparute mosse speciali a disposizione dei protagonisti. Esse sono un affondo volante che rilascia delle sfere distruttive (salto, giu+attacco), la possibilità di infierire sui nemici a terra, soprattutto i boss (sempre tramite salto, giu+attacco a raffica), e una counter eseguibile quando l’arma propria e del nemico vengono a contatto, counter che comunque si esegue anch’essa premendo attacco, col risultato che mai la adopererete con razionalità, ma tramite la consueta pressione continua del tasto offensivo. Sono inoltre sparse per i livelli delle anfore che, una volta distrutte, rilasceranno bonus consueti quali punti extra o energia. La mancanza di armi supplementari, di prese e della classica mossa spazzanemici (che nei giochi di questo tipo si esegue spesso premendo attacco+salto simultaneamente) si fanno quindi sentire ancor più drammaticamente.
I nemici sono graficamente ben distinti e in buon numero, ognuno di essi ha capacità specifiche e una propria resistenza ai colpi e alcuni sono presenti solo in determinati stage, donando un minimo di varietà al gioco. I boss rappresentano forse l’unico momento del programma in cui è richiesta una leggera dose di tattica (troppo poca a dire il vero) ma soffrono anch’essi della mediocrità del sistema di combattimento, che neanche in questo caso fornisce grossi stimoli alla ricerca di soluzioni alternative alla raffica insensata su un unico tasto. Un ulteriore tentativo di dare vitalità al gameplay è rappresentato dalla sezione in volo collocata all’inizio del terzo livello: graficamente molto bella, presenta nemici inediti ma è davvero troppo breve per lasciare il segno.

Grafica

Irem ha deciso di adottare per il gioco in questione lo stile grafico che le era più familiare (evidentemente reminescente di R-Type e Dragon Breed) donando al titolo un aspetto piuttosto freddo e maggiormente realistico rispetto ai prodotti tipici del genere. L’esperienza di una software house tra le più importanti di quei tempi si è fatta sentire soprattutto nella cura riposta verso l’attenzione ai dettagli.
Sia i protagonisti che (soprattutto) i nemici hanno goduto di una caratterizzazione di buon livello, risultando abbastanza piccoli ma ricchi di particolari e animati piuttosto bene. I boss sono invece animati con meno frame e caratterizzati da un tratto non particolarmente originale, tuttavia alcuni di essi hanno il vantaggio di essere enormi (ad esempio il gigantesco samurai alla fine del secondo livello) e ugualmente dettagliati.
Le ambientazioni godono anch’esse della cura verso i particolari che caratterizza il comparto visivo, ma hanno l’imperdonabile difetto di essere state create senza alcuna ispirazione e perdipiù tremendamente ripetitive, rendendo il peregrinare attraverso i livelli visualmente scialbo e noioso.
Il motore grafico si dimostra complessivamente soddisfacente, ma più per l’evidente beneficio tratto dall’esperienza della casa madre piuttosto che per un reale sfoggio artistico da parte del team di programmazione.
Giudizio: C

Sonoro

La mancanza di ispirazione che pervadeva gli ambienti di gioco si fa qui ancora più marcata.
Brani poco orecchiabili e musicalmente dimenticabili fanno da sfondo all’azione del titolo, mentre effetti sonori tutt’altro che convincenti lasciano davvero l’amaro in bocca. L’unico aspetto sonoro che raggiunge una stiracchiata sufficienza sono le urla di dolore dei nemici.
Osservando l’anno di produzione e ascoltando ciò che Irem aveva saputo proporre in passato in questo ambito non si può fare altro che giudicare questo lavoro in maniera negativa.
Giudizio: E

Giocabilità

Troppo poco, davvero troppo poco il materiale ludico offerto da Blade Master: non si può proporre nel 1991 un gameplay che sarebbe andato bene quattro, cinque anni prima.
Il gioco è senza dubbio immediato, la precisione di controllo non manca mai e la rilevazione delle collisioni è di buona fattura. E’ chiaro però che nell’anno di uscita di Captain Commando e Knights of the Round, con Final Fight e Golden Axe in giro da due anni e Double Dragon addirittura da quattro una simile povertà strutturale indispone, e la mancanza di esperienza di Irem in questo senso rappresenta un alibi fino a un certo punto.
Un prodotto sufficientemente giocabile ma che purtroppo stenta moltissimo a divertire.
Giudizio: D

Longevità

Il titolo è tutto sommato abbastanza breve (la cosa è sicuramente un aspetto positivo) e la varietà di nemici presente è uno stimolo alla visione dei nuovi livelli. Tuttavia la cronica mancanza di profondità di gioco e il pessimo, linearissimo level design sono degli scogli contro i quali la tenacia del giocatore è messa a dura prova. La possibilità di multiplayer collaborativo non attutisce affatto l'impatto di queste considerazioni, anzi raddoppia la noia che dopo poco si farà sentire.
Giudizio: E

Conclusioni

Evidente esperimento di Irem volto all’acquisizione di dimestichezza in un settore che non le apparteneva, Blade Master è un gioco che sposa una filosofia propria degli anni 80 e si mostra in evidente ritardo rispetto ai titoli dello stesso genere che facevano capolino nelle sale giochi di quegli anni.
Questo primo tentativo può comunque essere assolto in virtù della competenza della software house, che si è fatta sentire soprattutto nell’aspetto tecnico e formale del prodotto, e del fatto che la casa negli anni successivi dimostrerà di aver imparato dai propri errori.
Giudizio finale: D

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